Canada Votes: Québec’s Caudine Forks/Le forche caudine del voto québécois
Francophone vote could tip the balance—Will Carney win it? Alle elezioni federali canadesi, l’ago della bilancia sarà il voto francofono. Carney riuscirà a farlo suo? (testo italiano segue l'inglese)
Québec remains a crucial stop for anyone aiming to govern Canada. But between cultural identity, language, and historical memory, winning over the Francophone electorate is anything but easy
Secessionist impulses have largely faded, in part because two failed referendums—in 1980 and 1995—convinced even many staunch Québec libre supporters that the place of French-speaking Canadians is ultimately within the federation. Nevertheless, the Québec electorate remains a decisive force in shaping the political fortunes of anyone hoping to govern Canada—and this election is no exception.
The Electoral Prize Everyone’s After
With 78 seats in the House of Commons (338 total), Québec accounts for nearly a quarter of federal MPs. Yet its distinct culture and identity make it a particularly tough battleground. One key reason: the Bloc Québécois (BQ), Québec’s Francophone provincial party, continues to carve out a sizable share of votes. No longer the standard-bearer of separatism it once was when founded in 1991—though it has never formally renounced the idea of independence—the BQ now presents itself as the staunch defender of Québec’s identity, French language, and autonomy.
Despite fluctuations—including its dramatic collapse in 2011, when it fell from 49 to just 4 seats—the Bloc typically secures between a third and nearly half of Québec’s delegation to Ottawa. This year, in an election polarized between Liberals and Conservatives, the BQ is projected to win between 25 and 35 seats, depending on the poll. To avoid slipping below that threshold, its leader Yves-François Blanchet keeps reminding voters: “You shouldn’t trust an English speaker to look after French-speakers’ interests.”
Yves-Francois Blanchet, leader of the Bloc Québécois
That leaves about 50 seats up for grabs—roughly 15% of Parliament—a tempting prize for any party. But to claim them, leaders of non-Francophone parties must pass an unofficial test of Québec’s culture. They need to show not just fluency in French, but also a deep grasp of the province’s political and economic concerns—and an ability to evoke its cultural memory, perhaps by referencing beloved writers, artists, or historical events.
Cracking the Québec Code
It’s a test both main contenders for Prime Minister—Liberal leader Mark Carney and Conservative leader Pierre Poilievre—must take. Poilievre may seem to have an edge. Though not Québécois, he is part of the Fransaskois community—French-speaking residents of Saskatchewan. His wife, Anaida, originally from Venezuela, grew up in Pointe-aux-Trembles, a neighborhood in Montreal, and is thoroughly immersed in Québec’s culture.
Carney, on the other hand, has acknowledged his French is “wooden.” His background is deeply Anglo-Saxon: raised in Alberta—the most “American” of Canada’s provinces—he also served as Governor of the Bank of England. And he’s already made some Québec-related missteps. At recent rallies, he confused the Polytechnique massacre—one of the province’s most traumatic historical events—with a different school shooting. He also mispronounced a survivor’s name, raising doubts about his cultural familiarity.
Carney can ill afford such doubts—especially since in Quebec the Liberals currently are ahead of the Conservatives, and that might allow him to form a majority government without relying on the New Democratic Party (NDP) or tactical support from the BQ.
In the Francophone Spotlight
That’s why his recent appearance on Tout le monde en parle—Québec’s most-watched talk show—drew such intense attention from the press and political pundits. Not only did Carney hold his own in French, but when the host posed a deliberately tricky question—asking what he liked about Québec, be it a singer, a city, or a cheese—he replied with “Cœur de Pirate”: the stage name of Béatrice Martin, a beloved figure in Francophone pop music, but hardly a household name outside Québec. “The audience let out a murmur of amazement,” noted CBC political analyst Rosemary Barton. Amazement—and appreciation.
Still, Carney’s true test comes tomorrow night, when all five federal leaders face off in a French-language debate expected to draw more than a million Québec viewers. Only then will we know whether he’s emerged unscathed from Québec’s Caudine Forks.
Le forche caudine del voto québécois
Il Québec resta un passaggio obbligato per chi punta a governare il Canada. Ma tra identità culturale, lingua e memoria storica, conquistare l’elettorato francofono è tutt’altro che semplice
Le pulsioni secessioniste sono oggi in buona parte sopite, anche perché due tentativi referendari falliti (nel 1980 e nel 1995) hanno convinto molti fra i più accesi sostenitori del “Québec Libre” che, alla fine, il posto dei francofoni canadesi è dentro la Federazione. L’elettorato québécois rimane però determinante per le fortune politiche di chiunque aspiri a governare il Canada, e le prossime elezioni non fanno eccezione. I suoi 78 deputati eleggibili “pesano” quasi un quarto dell’intera House of Commons (338 in totale), ma la specificità culturale e identitaria della provincia li rende un bottino arduo da conquistare.
Un tesoretto elettorale che fa gola a tutti
Innanzitutto perché il partito francofono provinciale, il Bloc Québécois (BQ), se ne ritaglia una bella fetta – non più come portabandiera di fantasie separatiste come alla nascita nel 1991, anche se l’idea di un’indipendenza del Quebec non è mai stata ufficialmente rigettata, ma in quanto garante dell'identità, della lingua francese e dell’autonomia della Provincia. Con alti e bassi – tra cui il clamoroso crollo del 2011, quando passò da 49 a 4 seggi – il Bloc si assicura di norma da un terzo a quasi la metà dei parlamentari che il Québec manda a Ottawa. In questa tornata, in cui la polarizzazione spinge gran parte dell’elettorato canadese da una parte (Liberal) o dall’altra (Conservative), il BQ dovrebbe comunque attestarsi, dicono le varie proiezioni, tra i 25 e i 35 seggi. Per non scendere al di sotto di quella soglia, il leader Yves-François Blanchet ha ricordato ai suoi connazionali linguistici che “Non si può affidare la tutela degli interessi dei francofoni a un anglofono”.
Yves-Francois Blanchet, leader del Bloc Québécois
Un test d’ingresso per il cuore del Québec
Dedotti i seggi che il BQ si può ipotizzare prenda, ne restano in palio una 50ina, pari al 15% dei parlamentari federali. È un tesoretto che fa gola a tutti, ma per accaparrarselo i leader dei partiti non francofoni devono passare un esame di cultura québécois. Devono cioè dimostrare di avere buona familiarità con la lingua francese, conoscere a fondo le esigenze politiche ed economiche della provincia, ma anche saperne evocare l’identità culturale e la memoria collettiva, magari citando autori, artisti o eventi storici locali che abbiano risonanza emotiva. È un passaggio obbligato soprattutto per i due principali contendenti alla carica di Primo ministro - Mark Carney, attuale premier in carica e leader dei Liberal e Pierre Poilievre, leader dei Conservative.
Québec, la capitale della provincia del Québec, è una delle più antiche del Nord America ed è nota per il suo centro storico fortificato, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO
Da questo punto di vista, il leader conservatore sembrerebbe avere qualche vantaggio. Pur non essendo québécois, Poilievre appartiene alla comunità fransaskoise, i francofoni della provincia di Saskatchewan. La moglie Anaida, di origine venezuelana, è cresciuta a Pointe-aux-Trembles, un quartiere di Montréal, ed è pienamente a suo agio con la vita e l’immaginario québécois. Carney, viceversa, ha un francese – per sua stessa ammissione – alquanto ‘legnoso’ e la sua storia personale e professionale è decisamente anglosassone: cresciuto in Alberta, la provincia più “americana” del Canada, è stato per sette anni governatore della Banca d’Inghilterra. E ha già fatto qualche scivolone: in un paio di comizi, ha confuso il massacro alla Polytechnique, avvenuto a Montréal e rimasto come una cicatrice nella storia della provincia, con un attacco a un’altra scuola e ha storpiato il cognome di una superstite, suscitando dubbi sulla sua reale familiarità con la cultura e la storia della provincia. Dubbi che Carney non può permettersi s’insinuino nell’elettorato québécois, anche perché i Liberal in Québec ad oggi hanno un vantaggio sui Conservative che potrebbe garantire a Carney quella maggioranza assoluta con cui governare senza dover chiedere l’appoggio ai progressisti del New Democratic Party (NDP), o il supporto tattico del BQ.
Il Canada ha due lingue ufficiali, l’inglese e il francese
Sotto i riflettori della francofonia
Si spiega anche così il risalto dato da stampa e opinionisti politici alla sua recente performance al talk show più seguito del Québec, Tout le monde en parle. In quell’occasione, non solo Carney se l’è cavata con il francese ma alla domanda, volutamente insidiosa, del conduttore su cosa apprezzasse del Québec – che fosse un cantante, una città o un formaggio – Carney ha risposto “Cœur de Pirate”: lo pseudonimo di Béatrice Martin, icona della musica francofona contemporanea ma poco nota nel resto del Canada. “Il pubblico si è lasciato andare a un mormorio di stupore” ha riportato Rosemary Barton, notista politico della TV pubblica canadese CBC. Di stupore e di apprezzamento.
Ma sarà soltanto domani sera, quando i cinque leader si incontreranno faccia a faccia per il dibattito in francese con un milione di québécois previsti davanti alla TV, che sapremo se Mark Carney ha davvero superato le ‘forche caudine’ del Québéc.